Vitiligine: Storia di Amaurys Pérez, 41 anni, cubano, vive a Cosenza
19 Dicembre 2018
Vitiligine: Storia di Amaurys Pérez, 41 anni, cubano, vive a Cosenza
«Quando ho visto le prime macchioline bianche comparirmi sulle mani e poi anche sul viso, ho pensato: “Oh, mamma mia, vuoi vedere che adesso sbiadisco come Michael Jackson?”. La diagnosi di vitiligine, una malattia che blocca la produzione di melanina, mi aveva colto di sorpresa in una fase molto particolare della mia vita. Certo, non era niente di grave, né di contagioso. Era solo una questione estetica, ma davvero difficile da “digerire”. Soprattutto per me: quelle chiazze chiarissime, seppure piccole, risaltavano sulla mia pelle scura di mulatto. Era impossibile non notarle. E io non potevo accettarle.
Sono nato a Camagüey, a Cuba, nel 1976, con il ritmo nel sangue e la passione per la pallanuoto coltivata fin da ragazzino. Lo sport e poi il ballo mi hanno portato lontano dalla mia isola, prima in Spagna e poi in Italia, e soprattutto hanno fatto di me un personaggio conosciuto, un volto noto in acqua e davanti alle telecamere delle tv. Sempre sotto i riflettori, insomma.
Tra il 2004 e il 2012, sono stato pallanuotista a Cosenza, Salerno, Nervi e Posillipo. È stato proprio in Calabria che mi sono innamorato di Angela. Ci siamo sposati dieci anni fa e oggi abbiamo tre splendidi bambini: Gabriel di 6 anni, Cristian Antonio di 4 e l’ultima nata, Daisy, un mese e mezzo. Angela è stata ed è molto importante per me. Ha un grande carattere, ha saputo starmi accanto in tutte le fasi della mia vita, sostenendomi e incitandomi a dare il meglio.
Dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana ho iniziato a giocare nella Nazionale azzurra. E da questo momento tutto è accaduto molto in fretta. Una soddisfazione dietro l’altra: la medaglia d’argento nella World League e i Mondiali nel 2011 e, nel 2012, l’argento olimpico a Londra e il bronzo nella World League disputata ad Almaty. Bellissimo: un sogno che diventava realtà. Come se non bastasse, nel 2013, al culmine del successo, vengo scelto come concorrente per “Ballando con le stelle”, la trasmissione di Raiuno condotta da Milly Carlucci. In coppia con la ballerina professionista Veera Kinnunen, mi gusto gli applausi, la notorietà e accetto di sottoporre il mio corpo e la mia mente a un superlavoro.
All’epoca giocavo a Napoli, ma ogni giorno dovevo anche essere a Roma per preparare lo spettacolo. Così facevo su e giù. Per tre lunghi mesi. Finivo l’allenamento in piscina e partivo subito, saltando il pranzo. Mi ricordo di una volta che ero a Utrecht per un turno dell’Europa League, appena finita la partita sono venuti a prendermi subito in macchina. Io sono arrivato in tv con gli occhi ancora pieni di cloro. Ogni tanto, una voce dentro di me si chiedeva: “Ma che cosa stai facendo?’. Per fortuna tutti mi sostenevano: la mia famiglia, la mia squadra (che mi ha permesso tante volte di allenarmi a Roma per alleggerire il peso degli spostamenti) e anche tutto il cast di Ballando, preoccupato che non ce la facessi a reggere fino alla fine. E invece ci sono riuscito e sono pure arrivato secondo.
Ma che sollievo, quando la trasmissione si è conclusa! Non ce la facevo più. E infatti, dopo qualche mese, il mio fisico mi ha presentato il conto. Ho visto spuntare le macchioline prima sulle mani, poi sul viso. Lo sapevo che quel tipo di problema era collegato allo stress e all’ansia di cui mi ero nutrito fino a quel momento. Ho subito capito che non avrei dovuto ignorare quel campanello d’allarme. Forse era arrivato il momento di calmarmi? Avevo davvero esagerato? Avevo scambiato il lavoro per la vita?
Ho tirato il freno e ho affrontato il problema. Alla mia maniera, non arrendendomi. Sì, perché alcuni dermatologi mi avevano curato con delle creme senza troppi risultati. Altri mi avevano detto che avrei dovuto imparare a convivere con quelle macchie. Mi ricordo che, mentre mia moglie mi diceva di stare tranquillo, io mi chiedevo incessantemente: “Cavolo, è possibile che nel Terzo Millennio non ci sia ancora una cura per questa malattia?”. Ho fatto delle ricerche e alla fine mi sono imbattuto in un nuovo metodo: la microfototerapia a luce fredda Bioskin Evolution. Ho contattato il centro e ho iniziato subito con le sedute. Con un’apparecchiatura computerizzata, le zone bianche venivano inondate da un fascio di luce blu in grado di riattivare le cellule che producono la melanina, che sulla mia pelle si erano un po’ addormentate. In nove mesi, senza alcun effetto collaterale e senza farmaci, la mia carnagione è tornata praticamente normale.
Nel mio processo di guarigione ha senz’altro avuto un ruolo importante anche la mente. Sapevo che dovevo stare tranquillo, ma questa tranquillità sono riuscito a raggiungerla solo dopo aver trovato una strada da percorrere. Venire a sapere dell’esistenza della microfototerapia bioskin mi ha fatto ritrovare la calma e la determinazione. Perché, è inutile negarlo, non è una questione di vanità. La pelle è importante, è la prima cosa che gli altri vedono di noi. Ed è così deprimente quando ti senti osservato e vulnerabile. Sì, è proprio vero, la vitiligine può condizionarti la vita e le relazioni.
Adesso ho solo qualche piccola macchia, che tengo sotto controllo con le sedute di mantenimento. Non ci faccio quasi più caso. Quando me ne ricordo, ci scherzo su. L’autoironia non guasta mai. Ma se incontro una persona che sta soffrendo del mio stesso problema, divento immediatamente serio, perché la mia esperienza le arrivi forte e chiara. Non ci dobbiamo arrendere mai perché il modo per sconfiggere la vitiligine c’è ed è duplice. Le terapie da un lato e la consapevolezza dall’altro. Io ho chiesto troppo a me stesso, tanto che mi stavo facendo mangiare vivo dal lavoro.
Ho rallentato, ho sfoltito gli impegni, ho messo al primo posto la famiglia. Meno eventi, meno viaggi, meno riflettori. Adesso alleno la squadra di pallanuoto di Cosenza e ho iniziato a produrre birre artigianali. Il ballo? Difficile trovare il tempo, con tre figli. Ma la musica è sempre accesa».
